Il personal branding di imprenditori o delle figure di spicco dell’azienda porta benefici, amplificazione e conversione, anche ai brand collegati. B2B o B2C indifferentemente.
Le statistiche confermano la tesi: strategie di personal branding lavorano in perfetta sinergia con la comunicazione aziendale, con incrementi di reach superiori al 500% e un ROI positivo 13 volte più probabile.
Investire su sé stessi ha il miglior ROI
Specialmente per le figure cardine di aziende private, coltivare la propria immagine di professionista si rivela prioritario e rappresenta un valore aggiunto anche per l’azienda per la quale si lavora.
Come sostiene il co-fondatore di Linkedin Reid Hoffman, nel suo “The Startup of You”, ciascuno vive perennemente secondo una «versione beta di se stesso»: siamo in costante evoluzione, impegnati a sviluppare le nostre core e soft skills e soprattutto cercare la chiave migliore per comunicare efficacemente se stessi.
Linkedin ruota intorno alla capacità del singolo di raccontarsi come professionista e esperto sia nella propria cerchia professionale che ai recruiter, che hanno individuato il social come un perfetto territorio per scovare giovani talenti e senior. Con l’affermarsi del social come piattaforma di branding e positioning aziendale, i profili personali rappresentano la dimensione ideale per amplificare e completare la comunicazione dell’azienda, aggiungendo la componente umana.
Il ruolo del social media
Le dinamiche del personal branding non riguardano solo Linkedin, in generale, infatti, i social media sono stati il mezzo attraverso il quale milioni di persone hanno potuto raccontare ad un’audience inedita se stessi e le proprie skills, trovando nelle piattaforme l’affermazione personale che diventa contemporaneamente il proprio brand.
Gli influencer sono l’esempio perfetto per descrivere la potenzialità di investire su se stessi e ci interessano sotto due punti di vista: anzitutto, quello del successo personale e del racconto del proprio brand intrinsecamente legato alla persona, si pensi al brand Chiara Ferragni o Elisabetta Franchi.
Il secondo aspetto è forse il centro del nostro discorso: un influencer, una personalità affermata e consolidata nella propria sfera di competenza, rappresenta uno strumento potentissimo per amplificare il messaggio di un brand che sceglie di parlare attraverso quella voce, e ne garantisce autorevolezza e maggiori conversioni.
Il ruolo della fiducia
La questione ruota intorno al concetto di fiducia: il consumatore tende a fidarsi più del singolo che dell’azienda ed è fondamentale comprenderlo se si vuole aumentare la penetrazione nel mercato: per questo un’azienda deve investire sul personal branding dei propri dipendenti. Le due componenti lavorano in sinergia: è importante differenziare messaggio e tone of voice, umanizzando il volto dell’azienda attraverso i valori e le competenze di coloro che ci lavorano e ci investono tempo ed energie.
I risultati sono impressionanti: secondo Ryan Erskine, brand strategist, un messaggio dell’azienda condiviso dai propri dipendenti gode di un’amplificazione di reach fino al 561%, viene condiviso il 24 volte di più e ha un engagement otto volte superiore.
Gli ingredienti del personal branding
Per la costruzione di un’identità personale strutturata, bisogna anzitutto partire dall’individuazione degli elementi chiave che ci caratterizzano. A quel punto bisogna procedere con costanza in una serie di best practices.
Per prima cosa, la cura dei propri profili social, che rappresentano la vetrina di noi stessi e in quanto tale devono attirare e risultare ordinati e professionali. A quel punto bisogna riempire una confezione ben fatta con un contenuto ricco e pertinente: le stesse dinamiche di content strategy applicate alla comunicazione aziendale, vanno coniugate sul profilo personale, con la condivisione di valore che non può essere semplice reposting ma necessita dell’aggiunta del proprio parere, dell’arricchimento di un’analisi personale. Un professionista per affermarsi, deve poi dedicarsi alla costruzione di una rete, un insieme di collegamenti pertinenti ai quali diffondere il proprio messaggio e, fondamentale, con i quali interagire. Un utente attivo, partecipa e collabora commentando contenuti di altri utenti arricchendoli col proprio contributo.
Il modo migliore per capire praticamente come procedere, è osservare alcuni esempi di ottima gestione del proprio personal branding. Vi suggeriamo: Gary Vaynerchuk di VaynerMedia, Tim Brown di Ideo, Nicola Fabbri di Fabbri 1905, Renzo Rosso di Diesel/OTB, Fernando Machado di Burger King, Richard Branson di Virgin, Alessandro Michele di Gucci, Tomaso Trussardi di Trussardi Group e Gianluca Pasini di Molino Pasini. Ma la lista potrebbe continuare.
Incremento conversioni
Ryan Erskine raccoglie i risultati delle performance di attività di personal branding, e conferma: non solo copertura ma anche vendite:
– Le lead generate dal personal branding convertono 7 volte di più.
– Venditori che usano i social hanno una performance migliore del 78%
– 92% dei prospect si fida dell’opinione di altre persone più che dell’azienda
– ROI positivo 13 volte più probabile
Recruiting e retention
Un’ultima dimensione di analisi sui benefici del personal branding del proprio capitale umano è la capacità di influenzare la loro permanenza in azienda e di attrarre nuovi talenti. Tralasciando i benefici personali del curare la propria immagine online per attrarre gli head hunter, uno sguardo dietro le quinte della propria azienda, la sua definizione attraverso il suo capitale umano e il racconto della sua filosofia dalla voce di coloro che ci lavorano, gioca un ruolo importante nella rappresentazione della propria realtà come luogo ideale dove lavorare al fine di attrarre giovani talenti e le migliori risorse. Inoltre, i dipendenti coinvolti in attività di personal branding sono il 27% più inclini ad essere ottimisti sul futuro dell’azienda, e per questo più intenzionati a rimanerci.
Tutto semplice? Non proprio. La strutturazione di una strategia integrata che miri a coinvolgere attivamente i propri dipendenti e a stimolarli all’interazione e alla partecipazione in un programma di personal / employer branding non è semplice e richiede una serie di competenze. I social media mettono a disposizione una molteplicità di strumenti per agevolare questo tipo di iniziative, ma per padroneggiarli c’è bisogno di esperienza e di una competenza in grado di sfruttarne le potenzialità.